venerdì 11 marzo 2011

Beauty of the beast

~ Ricordi racchiusi in bolle di sapone ~

* . * . * . *

Vivo giorni simili l’uno all’altro, giorni inondati dal calore di un sole primaverile accecante, così luminoso da far sembrare ancora più lontani i miei sogni di neve.
Ho indossato nuovamente i panni della mia vita, e non mi stanno più così stretti come mi erano sembrati. Ora lascio che le cose seguano il loro corso, seguendole a distanza e con discrezione.

Però a volte ancora mi capita, spesso nei momenti più banali, di avere visioni simili a ricordi. Allora mi fermo, chiudo gli occhi per qualche istante, e cerco di trattenere quelle immagini nella mia mente, come se potessi sentirne ancora il sapore.
Brevi momenti di una bellezza intangibile, visioni segrete che affiorano dal buio della mia anima, e che riscaldano il mio cuore lasciandomi solo una lieve amarezza passeggera.

Non mi chiedo più nemmeno il perché. Ho scelto con coscienza questa volta, e va bene così.
Mi rimangono tra le mani tanti piccoli frammenti di cristallo in cui ho racchiuso i miei sogni, gli stessi sogni che prima lasciavo volare liberi in colorate bolle di sapone, ma che ora non posso più seguire.
Li tengo per me come piccoli tesori segreti, e non faccio altro che ripetermi all’infinto che sono stata fortunata.

Immagino il Tempo che mi trotterella alle spalle come un’ombra dalla forma indefinita, e so che sarà lui ad aiutarmi, a togliermi di dosso l’odore, la voglia di te, e quella sensazione forte della tua presenza.

Certi binari a volte si incrociano quasi per caso, si attraversano, diventano tutt’uno per un breve tratto…e poi proseguono, paralleli e distanti verso l’orizzonte.


* . * . * . *

Non esistono più notti in cui le stelle non mi divorino e l’immensità del cielo non mi raggeli, non dopo quelle notti lontane in cui ho scritto il mio ultimo requiem.
E non esiste una fine a quello che è stato il più lungo anno della mia vita, un anno che non sembra voler passare senza prima avermi tormentato con i ricordi che tornano ciclicamente, ruotando su loro stessi.
Vedi, ho una dannata memoria…esatta, spietata, infallibile. Così ogni cosa ritorna, amplificata, e i giorni si susseguono senza lasciarmi respirare…le ombre passate si sovrappongono a quelle presenti, e tutto, tutto, mi parla di quel che vorrei dimenticare.

Non ho più speranze, né voglie, né obiettivi: porto avanti la mia esistenza solo per gli altri…sì, sono la persona che gli altri vogliono che io sia, la persona che conoscevano e che si aspettano che ancora esista.
Così fingo di essere quella di sempre, fingo perfettamente di avere ancora quella luce speciale che a tutti piaceva, e che finta non lo era affatto. Lo faccio perché so che così li rendo felici, e tutto scorre, come in un fiume sereno e immutabile.

Ma in quei momenti..i momenti in cui la mia mente si ferma a pensarci…allora è come morire di nuovo. Centinaia di volte continuo a morire, e non fa più nemmeno male…è solo dannatamente insopportabile.
Io non esisto, capisci? Non esiste più niente di quello che ero. C’è solo un teatrino che orchestro ad arte e che finché riuscirò a portare avanti sarà l’unico scopo della mia vita. E perché lo faccio? Per gli altri, sì…in parte lo faccio per chi mi è accanto. Ma in parte è perché so che dietro quel sipario c’è solo un infinito nulla che la mia mente non potrebbe sopportare.

Lo scorso inverno è stato il più lungo che io abbia mai vissuto: splendido e terribile allo stesso tempo.
Ho sentito sulla mia pelle cose incredibili, e per l’ultima volta tu mi hai ricordato cosa vuol dire assaporare la vita, assistere a un sogno che diventa realtà. Tu mi hai fatta a pezzetti, ed è stato come il gran finale delle opere teatrali, quello in cui si raggiunge l’apice prima che tutto scompaia nel silenzio di un pesante sipario.
Ma è stata anche la mia condanna a morte, nel momento in cui ho calpestato le promesse che avevo fatto, macchiato la mia coscienza in modo indelebile, perso definitivamente quell’innocenza di chi sa sognare senza colpe e senza ombre.

Ho sepolto me stessa nel momento in cui ho detto addio all’ultimo dei sogni.
Ma non ho scavato abbastanza a fondo. Devo seppellirmi più giù…più giù..perché mi sento ancora sussurrare. E quando imparerò a dimenticare sarà tutto più semplice.

E ora che piango su quel che sono stata, capisco che la vita forse è fatta proprio così: un giorno ti svegli e smetti di vivere. Un giorno di svegli e ti guardi vivere, e così per il resto dei tuoi giorni.


* . * . * . *

Il rumore regolare del treno che sfreccia sui binari, un vociare soffuso e continuo, e una brezza leggera che mi da sollievo sfiorandomi il viso. Non so quanto tempo sia passato, so solo che sono crollata addosso al finestrino e che ho dormito un sonno senza sogni.
Quando ho riaperto gli occhi, sfregandomeli piano mentre li lasciavo abituare alla luce, esattamente al di là del vetro c’era il cartello “Roma”.

E’ strano…risvegliarsi proprio nel luogo in cui invece un tempo ho potuto sognare.

Mi sono quasi smarrita nuovamente, in quel limbo tra il sonno e la veglia, sforzandomi di annullare tutto il resto, di tornare là dove tutto era possibile.
Ma lo scorrere rapido della vita non concede di fermarsi troppo a lungo. Il treno riparte, i sogni sfumano.

La sera prima era il 10 agosto. Mi sono messa una felpa più grande di qualche taglia e mi sono raggomitolata su me stessa, dopo essermi arrampicata sul tetto dove il freddo pungente ricordava l’inverno.
Ho visto una stella cadere e bruciare. E’ una fine orribile, ma è così spettacolare.
Non ho pensato a nulla, nessun desiderio, nessun sogno. Tutto ciò che potevo desiderare l’ho già avuto.
Immaginavo la tua mente lontana e mi chiedevo se stessi bene, mi chiedevo se ci sarebbero state abbastanza stelle da bruciare per ricreare un sogno così bello come il nostro.

Il treno ha ripreso la sua corsa, sempre più a sud. La mia vita ha preso la “giusta” piega, e io non ho fatto altro che adattare le mutevoli forme della mia coscienza a quella piega che si conviene. Non mi lamento: è un vestito che ho imparato a portare, e che mi regala a volte una discreta serenità.
Ma mi rimangono pensieri silenziosi, ricordi adagiati sul fondo del mio cuore, sedimentati, e che la mia mente evita accuratamente di disturbare.
Lo fa per me il mio inconscio, quando la ragione dorme, e i sogni mi fanno rivedere il tuo volto con quella precisione che la mia mente desta non riesce più a ricostruire.
Non ti sognavo da tanto. Nulla di particolare, eri semplicemente tu. Eri con me.

Tornando a casa ho alzato il viso e ho visto un’altra stella. Questa volta ho desiderato che tu stessi bene.
Spero che almeno le stelle continuino sempre a brillare, anche se alcune precipitano dove c’è solo un deserto di sogni dimenticati.


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